lunedì 18 novembre 2024

Una mattinata in Val Rosandra: pellegrini e muraioli

E' una domenica mattina di metà Novembre. Il sole è sorto da una mezz'oretta, e la mia attenzione si divide tra le sfumature ancora rosate del cielo e l'arancione del cruscotto dell'auto che si illumina per informarmi di un supposto "pericolo di ghiaccio". 0.5 gradi a Basovizza, dice il termometro, mentre un velo bianco di brina copre i prati e mi sorprende: abito in centro città e lo sbalzo termico è importante. Parcheggio accanto alla chiesetta di San Lorenzo / Jezero e poco dopo altri quattro Umili Birdwatcher mi raggiungono. Combattiamo la zima condividendo un chai indiano con latte e miele - grazie al thermos ancora caldissimo - e ci incamminiamo verso il "Monte" Stena. Diciamocelo, sul Carso triestino il nome "monte" fa sempre un pò ridere...

Cinque paia d'occhi (ed orecchie) di certo vedono (e sentono) meglio di uno solo. E' da un pò che noi Umili pensavamo di farci un giro per la Val Rosandra. Alcuni di noi speravano di vederne i residenti (falchi) pellegrini; altri - dopo un fortunato avvistamento di un paio di settimane fa - ambivano a contattare il picchio muraiolo; tutti volevamo goderci il contatto con questo spettacolare angolo di natura. Il percorso che propongo ai miei compagni non è farina del mio sacco: l'ho scoperto grazie all'ornitologo Paolo Utmar, durante una visita guidata alla Riserva Naturale della Val Rosandra. L'itinerario si snoda da San Lorenzo / Jezero al Monte Stena; da lì scenderemo a Draga, per poi raggiungere le "jazere" ed infine tornare a San Lorenzo. Un bel mix di biomi: boschi di pino nero piantato dagli austriaci, praterie, rupi, centri abitati rurali, boschi di latifoglie. E' uno dei punti forti del territorio triestino: la presenza in un'area così piccola di ambienti naturali diversi.

Osservazioni (ed ascolti) cominciano già al posteggio. Si palesano subito le ghiandaie: rumorose e perennemente sovreccitate, saranno la vera compagnia costante della mattinata fino a diventare quasi fastidiose ("Oddio cosa c'è lagg.. ah, una ghiandaia. Bon, prima della giornata dai"). Le osserveremo diverse volte intente a nascondere le ghiande, facendo scorta in vista dell'inverno. Assieme a loro si fanno rapidamente vedere e sentire gli uccelli più comuni delle zone anche solo minimamente alberate: melodiosi merli, frizzanti fringuelli, ciarliere cinciallegre e pettoruti pettirossi - questi ultimi sempre baldanzosi al limite dell'aggressività: non fatevi intenerire dall'aspetto paffuto e coccoloso, i pettirossi sono veri maranza tra i pennuti, sempre pronti a bullizzare altri uccelli e punire gli sconfinamenti del territorio. Sempre dal parcheggio l'umile vista acuta di uno dei birdwatcher riesce a contattare un solitario verdone in cima a un pino; le orecchie ci informano inoltre della presenza di zigolo nero e picchio verde.

Il sentiero che si dirige verso lo Stena attraversa innanzitutto dei gelidi tratti di bosco ancora in ombra, ed apparentemente deserto di animali. Ma lo spettacolo dei colori - foglie gialle autunnali, scotano ed altri arbusti tinti di rosso aranciato e la brina biancheggiante - controbilancia ogni brividìn.

Ben presto il bosco si dirada, aprendosi sulle praterie dello Stena illuminate da un sole un pò freddo ed ancora radente. In questa zona più calda e illuminata di confine tra biomi la vita corre, cinguetta, svolazza e puzza: si fanno vedere il picchio rosso maggiore, la cinciarella, lo scricciolo ed il sempre adorabile codibugnolo. Annunciati dal loro tipico odore rustico, due capre della popolazione rinselvatichita della Valle fanno colazione (tra cui un maschio cornutissimo, versione domača del Black Philip del film "The Witch" di Eggers). Due caprioli - lampi bruni nel basso sole del mattino - corrono via dal buffo gruppo di umani binocolati.

Codibugnolo. Foto S. Scognamiglio

Le praterie dello Stena si affacciano sulle rupi, terreno diletto di (e a volte conteso tra) alpinisti, rocciatori, falchi pellegrini e passeri solitari. Si fa vedere una cornacchia grigia, mentre dei cugini corvi imperiali stranamente nemmeno l'ombra. Cautamente ci avviciniamo ai ciglioni sperando di avvistare i falchi pellegrini e magari ripetere la fortuna che l'umile autore di queste righe ha avuto qualche tempo fa, avvistando un picchio muraiolo sulle rupi. La pazienza e la sveglia presto vengono ripagate: avvistiamo il picchio muraiolo nello stesso punto dove l'avevo visto a inizio mese.

L'emozione è tanta: per qualcuno di noi è il primo avvistamento, e per tutti l'idea di vedere un picchio muraiolo praticamente "a livello del mare" è decisamente appassionante. Il piccolo batuffolo dal becco lungo che potete vedere nel video del nostro umile fotografo (S. Scognamiglio) è infatti un alpinista provetto, abituato a cacciare insetti tra le faglie delle rocce in alta montagna; d'inverno però capita scenda a quote più basse in cerca di rupi meno ghiacciate e deserte. Tra queste, quelle dello Stena. L'amichetto ovale si lascia osservare per diversi minuti, per poi svolazzare via col suo fare da farfalla, esibendo il bellissimo contrasto rosso e nero delle ali. Decidiamo di rimanere appostati sul ciglione ancora per un pò e tentare la fortuna; qualcuno estrae treppiede e cannocchiale, qualcuno la frutta secca, qualcuno un cuscinetto per rendere la seduta su erba bagnata e pietra carsica vagamente più comoda. Un paio di tottaville ci pigolano sopra, e dopo qualche tempo la vista di uno di noi riesce a non farsi sfuggire il fugace passaggio di un falco pellegrino, una rapida freccia color ardesia, fra le rupi. Riusciamo tutti ad avvistarlo, ma non riusciremo a ripetere la fortunata osservazione nonostante i tentativi ripetuti e da più angolazioni di scandagliare le falesie. Ma già così siamo molto più che soddisfatti.

Scendiamo verso Draga, e nel bosco si fanno vedere e sentire - oltre alle onnipresenti ghiandaie ed ai passeriformi già menzionati - il rampichino comune ed il fiorrancino. L'abitato ci accoglie consentendo alla sezione fotografi del gruppo dei bei primi piani del codirosso spazzacamino (passeriforme amante delle rocce che dopo la Rivoluzione Industriale si è appassionato anche agli edifici costruiti dall'uomo) e della passera europea.

Codirosso spazzacamino maschio. Foto S. Scognamiglio

Ci fermiamo, attirati da vocalizzi e movimento, ad analizzare sistematicamente chi popoli o si affacci sul grande prato accanto alla ciclabile "Cottur". "Oh guarda! Una ghiandaia!", continuiamo a ripeterci per Witz. Fringuelli, cince (allegre e relle), codispazza, a cui aggiungiamo un gruppo di coloratissimi cardellini dalla caratteristica banda alare gialla e un singolo frosone nascosto tra le foglie. Due rapaci fugaci: una poiana miagola il suo verso caratteristico senza però farsi vedere, e poi un Accipitride ci concede generosamente un minuto di osservazione prima di veleggiare fuori dalla nostra vista. Sparviere o astore? Bella domanda, tra la femmina del primo ed il secondo le differenze non sono sempre palesissime. Sconcertanti ed appassionanti momenti di dubbio ("Ma la coda è più così o cosà?" "Era più o meno grande di una cornacchia?" "Chiamiamo gli esperti!") ed un conciliabolo diventato poi telematico e regionale si risolvono infine in un verdetto: femmina di sparviero.

Sparviero femmina. Foto S. Scognamiglio

Prima di abbandonare la ciclabile per tuffarci nei boschi tra Draga e le jazere, riusciamo ad assistere ad un memorabile atto di bullismo di un pettirosso ai danni di una passera scopaiola - "Guerra di gang tra le siepi, ECCO IL VIDEO" avrebbe plausibilmente potuto rendicontare una certa testata locale. Nel fitto degli alberi - dove veniamo scortati per un pò dagli isterici cinguettii d'allarme di uno scricciolo invero piuttosto scocciato della nostra presenza - ci imbattiamo in diverse "brigate interspecie", come mi piace chiamarle: raggruppamenti tipicamente invernali di diverse specie di passeriformi, principalmente cince di vari tipi accompagnate da regoli, rampichini e sitte. Finalmente avvistiamo infatti il picchi muratore, il regolo e la cincia bigia.

Regolo acrobatico. Foto S. Scognamiglio

Mentre ci muoviamo fuori dal bosco di latifoglie e costeggiamo dei prati (dai colori meravigliosi) prima di re-immetterci in una pineta Simone ed io ci diciamo che sarebbe decisamente il caso di aumentare il numero di specie di picchi avvistati. Detto fatto: un rapido ed acutissimo "pipipipipipipip!" ci informa della presenza nei paraggi di un esemplare di picchio rosso minore

Picchio rosso minore. Foto S. Scognamiglio

Dopo aver salutato pennuti distanti (una tordela che attraversa un prato e dei lontani corvi imperiali che finalmente si fanno vedere), immetterci nel bosco di pino nero mi fa pensare che non sarebbe male né del tutto impossibile fare un bel poker di cince, ed aggiungere all'allegra, alla -rella, ed alla bigia una bella cincia mora, o cincia dal ciuffo. Sono specie che amano le conifere e che è solitamente facile incontrare in montagna; ma i rimboschimenti di pino nero dell'Ottocento hanno favorito anche l'arrivo di queste specie sul territorio triestino. Di nuovo la magia si ripete: le cime dei pini si agitano di movimenti bruni e di ossessivi richiami "birrrrt, brrrit, virrrrt". Ci procuriamo un discreto mal di collo passeggero a furia di guardare in alto, ma veniamo ricompensati con un bel gruppetto di cince dal ciuffo. Qualche decina di metri più avanti ci imbattiamo in una brigata interspecie di una trentina di esemplari: tra le svariate specie di cince riusciamo ad identificare pure una cincia mora e a questo punto la collezione è completa. Abbiamo evidentemente esaurito gli incantesimi e non riusciremo più a chiamare pennuti.

La mattinata è giunta al termine (ma gli avvistamenti no) e ci dirigiamo alla Vedetta di San Lorenzo per mangiarci un panino con vista. Il pranzo al sacco è allietato dai corvi imperiali, un singolo colombaccio che sfreccia via rapido, e da una rondine montana evidentemente svernante, a caccia evidentemente anche lei del pranzo.


Cinque umili birdwatcher(s). Foto S. Scognamiglio

Lista degli avvistamenti del giorno molto più che soddisfacente ed emozionante: un totale di 32 specie avvistate collettivamente, più quelle che ognuno ha eventualmente visto nel percorso per arrivare a San Lorenzo / Jezero.

  1. Ghiandaia (Garrulus glandarius)
  2. Merlo (Turdus merula)
  3. Fringuello (Fringilla coelebs)
  4. Cinciallegra (Parus major)
  5. Pettirosso (Erithacus rubecula)
  6. Verdone (Chloris chloris)
  7. Zigolo nero (Emberiza cirlus)
  8. Picchio verde (Picus viridis)
  9. Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major)
  10. Cinciarella (Cyanistes caeruleus)
  11. Cornacchia grigia (Corvus cornix)
  12. Picchio muraiolo (Tichodroma muraria)
  13. Tottavilla (Lullula arborea)
  14. Falco pellegrino (Falco peregrinus)
  15. Rampichino comune (Certhia brachydactyla)
  16. Fiorrancino (Regulus ignicapilla)
  17. Passera europea (Passer domesticus)
  18. Cardellino (Carduelis carduelis)
  19. Frosone (Coccothraustes coccothraustes)
  20. Poiana (Buteo buteo)
  21. Sparviere (Accipiter nisus)
  22. Passera scopaiola (Prunella modularis)
  23. Picchio muratore (Sitta europaea)
  24. Regolo (Regulus regulus)
  25. Cincia bigia (Poecile palustris)
  26. Picchio rosso minore (Dryobates minor)
  27. Tordela (Turdus viscivorus)
  28. Corvo imperiale (Corvus corax)
  29. Cincia dal ciuffo (Lophophanes cristatus)
  30. Cincia mora (Periparus ater)
  31. Rondine montana (Ptyonoprogne rupestris)
  32. Colombaccio (Columba palumbus)
Sarebbe stato probabile avvistare anche altre specie: qualche passero solitario sverna sul nostro territorio, e in Val Rosandra mi è capitato di vedere gli zigoli muciatti anche d'inverno. Nemmeno occhiocotti, luì piccoli e capinere erano improbabili, così come il gheppio. Ci sarebbe anche piaciuto vedere una peppola nascosta in un gruppo di fringuelli. Ma, come sempre, l'osservazione naturalistica è sempre una questione di fare i conti con una certa quota di imprevedibilità...