lunedì 18 novembre 2024

Una mattinata in Val Rosandra: pellegrini e muraioli

E' una domenica mattina di metà Novembre. Il sole è sorto da una mezz'oretta, e la mia attenzione si divide tra le sfumature ancora rosate del cielo e l'arancione del cruscotto dell'auto che si illumina per informarmi di un supposto "pericolo di ghiaccio". 0.5 gradi a Basovizza, dice il termometro, mentre un velo bianco di brina copre i prati e mi sorprende: abito in centro città e lo sbalzo termico è importante. Parcheggio accanto alla chiesetta di San Lorenzo / Jezero e poco dopo altri quattro Umili Birdwatcher mi raggiungono. Combattiamo la zima condividendo un chai indiano con latte e miele - grazie al thermos ancora caldissimo - e ci incamminiamo verso il "Monte" Stena. Diciamocelo, sul Carso triestino il nome "monte" fa sempre un pò ridere...

Cinque paia d'occhi (ed orecchie) di certo vedono (e sentono) meglio di uno solo. E' da un pò che noi Umili pensavamo di farci un giro per la Val Rosandra. Alcuni di noi speravano di vederne i residenti (falchi) pellegrini; altri - dopo un fortunato avvistamento di un paio di settimane fa - ambivano a contattare il picchio muraiolo; tutti volevamo goderci il contatto con questo spettacolare angolo di natura. Il percorso che propongo ai miei compagni non è farina del mio sacco: l'ho scoperto grazie all'ornitologo Paolo Utmar, durante una visita guidata alla Riserva Naturale della Val Rosandra. L'itinerario si snoda da San Lorenzo / Jezero al Monte Stena; da lì scenderemo a Draga, per poi raggiungere le "jazere" ed infine tornare a San Lorenzo. Un bel mix di biomi: boschi di pino nero piantato dagli austriaci, praterie, rupi, centri abitati rurali, boschi di latifoglie. E' uno dei punti forti del territorio triestino: la presenza in un'area così piccola di ambienti naturali diversi.

Osservazioni (ed ascolti) cominciano già al posteggio. Si palesano subito le ghiandaie: rumorose e perennemente sovreccitate, saranno la vera compagnia costante della mattinata fino a diventare quasi fastidiose ("Oddio cosa c'è lagg.. ah, una ghiandaia. Bon, prima della giornata dai"). Le osserveremo diverse volte intente a nascondere le ghiande, facendo scorta in vista dell'inverno. Assieme a loro si fanno rapidamente vedere e sentire gli uccelli più comuni delle zone anche solo minimamente alberate: melodiosi merli, frizzanti fringuelli, ciarliere cinciallegre e pettoruti pettirossi - questi ultimi sempre baldanzosi al limite dell'aggressività: non fatevi intenerire dall'aspetto paffuto e coccoloso, i pettirossi sono veri maranza tra i pennuti, sempre pronti a bullizzare altri uccelli e punire gli sconfinamenti del territorio. Sempre dal parcheggio l'umile vista acuta di uno dei birdwatcher riesce a contattare un solitario verdone in cima a un pino; le orecchie ci informano inoltre della presenza di zigolo nero e picchio verde.

Il sentiero che si dirige verso lo Stena attraversa innanzitutto dei gelidi tratti di bosco ancora in ombra, ed apparentemente deserto di animali. Ma lo spettacolo dei colori - foglie gialle autunnali, scotano ed altri arbusti tinti di rosso aranciato e la brina biancheggiante - controbilancia ogni brividìn.

Ben presto il bosco si dirada, aprendosi sulle praterie dello Stena illuminate da un sole un pò freddo ed ancora radente. In questa zona più calda e illuminata di confine tra biomi la vita corre, cinguetta, svolazza e puzza: si fanno vedere il picchio rosso maggiore, la cinciarella, lo scricciolo ed il sempre adorabile codibugnolo. Annunciati dal loro tipico odore rustico, due capre della popolazione rinselvatichita della Valle fanno colazione (tra cui un maschio cornutissimo, versione domača del Black Philip del film "The Witch" di Eggers). Due caprioli - lampi bruni nel basso sole del mattino - corrono via dal buffo gruppo di umani binocolati.

Codibugnolo. Foto S. Scognamiglio

Le praterie dello Stena si affacciano sulle rupi, terreno diletto di (e a volte conteso tra) alpinisti, rocciatori, falchi pellegrini e passeri solitari. Si fa vedere una cornacchia grigia, mentre dei cugini corvi imperiali stranamente nemmeno l'ombra. Cautamente ci avviciniamo ai ciglioni sperando di avvistare i falchi pellegrini e magari ripetere la fortuna che l'umile autore di queste righe ha avuto qualche tempo fa, avvistando un picchio muraiolo sulle rupi. La pazienza e la sveglia presto vengono ripagate: avvistiamo il picchio muraiolo nello stesso punto dove l'avevo visto a inizio mese.

L'emozione è tanta: per qualcuno di noi è il primo avvistamento, e per tutti l'idea di vedere un picchio muraiolo praticamente "a livello del mare" è decisamente appassionante. Il piccolo batuffolo dal becco lungo che potete vedere nel video del nostro umile fotografo (S. Scognamiglio) è infatti un alpinista provetto, abituato a cacciare insetti tra le faglie delle rocce in alta montagna; d'inverno però capita scenda a quote più basse in cerca di rupi meno ghiacciate e deserte. Tra queste, quelle dello Stena. L'amichetto ovale si lascia osservare per diversi minuti, per poi svolazzare via col suo fare da farfalla, esibendo il bellissimo contrasto rosso e nero delle ali. Decidiamo di rimanere appostati sul ciglione ancora per un pò e tentare la fortuna; qualcuno estrae treppiede e cannocchiale, qualcuno la frutta secca, qualcuno un cuscinetto per rendere la seduta su erba bagnata e pietra carsica vagamente più comoda. Un paio di tottaville ci pigolano sopra, e dopo qualche tempo la vista di uno di noi riesce a non farsi sfuggire il fugace passaggio di un falco pellegrino, una rapida freccia color ardesia, fra le rupi. Riusciamo tutti ad avvistarlo, ma non riusciremo a ripetere la fortunata osservazione nonostante i tentativi ripetuti e da più angolazioni di scandagliare le falesie. Ma già così siamo molto più che soddisfatti.

Scendiamo verso Draga, e nel bosco si fanno vedere e sentire - oltre alle onnipresenti ghiandaie ed ai passeriformi già menzionati - il rampichino comune ed il fiorrancino. L'abitato ci accoglie consentendo alla sezione fotografi del gruppo dei bei primi piani del codirosso spazzacamino (passeriforme amante delle rocce che dopo la Rivoluzione Industriale si è appassionato anche agli edifici costruiti dall'uomo) e della passera europea.

Codirosso spazzacamino maschio. Foto S. Scognamiglio

Ci fermiamo, attirati da vocalizzi e movimento, ad analizzare sistematicamente chi popoli o si affacci sul grande prato accanto alla ciclabile "Cottur". "Oh guarda! Una ghiandaia!", continuiamo a ripeterci per Witz. Fringuelli, cince (allegre e relle), codispazza, a cui aggiungiamo un gruppo di coloratissimi cardellini dalla caratteristica banda alare gialla e un singolo frosone nascosto tra le foglie. Due rapaci fugaci: una poiana miagola il suo verso caratteristico senza però farsi vedere, e poi un Accipitride ci concede generosamente un minuto di osservazione prima di veleggiare fuori dalla nostra vista. Sparviere o astore? Bella domanda, tra la femmina del primo ed il secondo le differenze non sono sempre palesissime. Sconcertanti ed appassionanti momenti di dubbio ("Ma la coda è più così o cosà?" "Era più o meno grande di una cornacchia?" "Chiamiamo gli esperti!") ed un conciliabolo diventato poi telematico e regionale si risolvono infine in un verdetto: femmina di sparviero.

Sparviero femmina. Foto S. Scognamiglio

Prima di abbandonare la ciclabile per tuffarci nei boschi tra Draga e le jazere, riusciamo ad assistere ad un memorabile atto di bullismo di un pettirosso ai danni di una passera scopaiola - "Guerra di gang tra le siepi, ECCO IL VIDEO" avrebbe plausibilmente potuto rendicontare una certa testata locale. Nel fitto degli alberi - dove veniamo scortati per un pò dagli isterici cinguettii d'allarme di uno scricciolo invero piuttosto scocciato della nostra presenza - ci imbattiamo in diverse "brigate interspecie", come mi piace chiamarle: raggruppamenti tipicamente invernali di diverse specie di passeriformi, principalmente cince di vari tipi accompagnate da regoli, rampichini e sitte. Finalmente avvistiamo infatti il picchi muratore, il regolo e la cincia bigia.

Regolo acrobatico. Foto S. Scognamiglio

Mentre ci muoviamo fuori dal bosco di latifoglie e costeggiamo dei prati (dai colori meravigliosi) prima di re-immetterci in una pineta Simone ed io ci diciamo che sarebbe decisamente il caso di aumentare il numero di specie di picchi avvistati. Detto fatto: un rapido ed acutissimo "pipipipipipipip!" ci informa della presenza nei paraggi di un esemplare di picchio rosso minore

Picchio rosso minore. Foto S. Scognamiglio

Dopo aver salutato pennuti distanti (una tordela che attraversa un prato e dei lontani corvi imperiali che finalmente si fanno vedere), immetterci nel bosco di pino nero mi fa pensare che non sarebbe male né del tutto impossibile fare un bel poker di cince, ed aggiungere all'allegra, alla -rella, ed alla bigia una bella cincia mora, o cincia dal ciuffo. Sono specie che amano le conifere e che è solitamente facile incontrare in montagna; ma i rimboschimenti di pino nero dell'Ottocento hanno favorito anche l'arrivo di queste specie sul territorio triestino. Di nuovo la magia si ripete: le cime dei pini si agitano di movimenti bruni e di ossessivi richiami "birrrrt, brrrit, virrrrt". Ci procuriamo un discreto mal di collo passeggero a furia di guardare in alto, ma veniamo ricompensati con un bel gruppetto di cince dal ciuffo. Qualche decina di metri più avanti ci imbattiamo in una brigata interspecie di una trentina di esemplari: tra le svariate specie di cince riusciamo ad identificare pure una cincia mora e a questo punto la collezione è completa. Abbiamo evidentemente esaurito gli incantesimi e non riusciremo più a chiamare pennuti.

La mattinata è giunta al termine (ma gli avvistamenti no) e ci dirigiamo alla Vedetta di San Lorenzo per mangiarci un panino con vista. Il pranzo al sacco è allietato dai corvi imperiali, un singolo colombaccio che sfreccia via rapido, e da una rondine montana evidentemente svernante, a caccia evidentemente anche lei del pranzo.


Cinque umili birdwatcher(s). Foto S. Scognamiglio

Lista degli avvistamenti del giorno molto più che soddisfacente ed emozionante: un totale di 32 specie avvistate collettivamente, più quelle che ognuno ha eventualmente visto nel percorso per arrivare a San Lorenzo / Jezero.

  1. Ghiandaia (Garrulus glandarius)
  2. Merlo (Turdus merula)
  3. Fringuello (Fringilla coelebs)
  4. Cinciallegra (Parus major)
  5. Pettirosso (Erithacus rubecula)
  6. Verdone (Chloris chloris)
  7. Zigolo nero (Emberiza cirlus)
  8. Picchio verde (Picus viridis)
  9. Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major)
  10. Cinciarella (Cyanistes caeruleus)
  11. Cornacchia grigia (Corvus cornix)
  12. Picchio muraiolo (Tichodroma muraria)
  13. Tottavilla (Lullula arborea)
  14. Falco pellegrino (Falco peregrinus)
  15. Rampichino comune (Certhia brachydactyla)
  16. Fiorrancino (Regulus ignicapilla)
  17. Passera europea (Passer domesticus)
  18. Cardellino (Carduelis carduelis)
  19. Frosone (Coccothraustes coccothraustes)
  20. Poiana (Buteo buteo)
  21. Sparviere (Accipiter nisus)
  22. Passera scopaiola (Prunella modularis)
  23. Picchio muratore (Sitta europaea)
  24. Regolo (Regulus regulus)
  25. Cincia bigia (Poecile palustris)
  26. Picchio rosso minore (Dryobates minor)
  27. Tordela (Turdus viscivorus)
  28. Corvo imperiale (Corvus corax)
  29. Cincia dal ciuffo (Lophophanes cristatus)
  30. Cincia mora (Periparus ater)
  31. Rondine montana (Ptyonoprogne rupestris)
  32. Colombaccio (Columba palumbus)
Sarebbe stato probabile avvistare anche altre specie: qualche passero solitario sverna sul nostro territorio, e in Val Rosandra mi è capitato di vedere gli zigoli muciatti anche d'inverno. Nemmeno occhiocotti, luì piccoli e capinere erano improbabili, così come il gheppio. Ci sarebbe anche piaciuto vedere una peppola nascosta in un gruppo di fringuelli. Ma, come sempre, l'osservazione naturalistica è sempre una questione di fare i conti con una certa quota di imprevedibilità...

lunedì 8 aprile 2024

L'identificazione degli uccelli: valutare le dimensioni

Quando si comincia a fare birdwatching, una delle qualità da coltivare è quella di allenare l'occhio a valutare le dimensioni degli animali che si osservano. Non è un compito particolarmente semplice, ma è una capacità che decisamente si può acquisire!

Si può cominciare imparando a distinguere alcune specie fondamentali; usando le loro dimensioni come riferimento "spannometrico" si potrà operare un confronto. "Più grande di un merlo, più piccolo di un piccione"; "All'incirca come una cinciallegra". Questo permette poi di consultare una guida con qualche criterio in più rispetto ad una stima fatta tentando di indovinare i centimetri. Col tempo, si impareranno le dimensioni degli uccelli dei luoghi che si visitano. 

Quando ho ricominciato a praticare birdwatching con costanza, mi sono poi creato una tabella in Excel con le dimensioni di un certo numero di specie che credo di poter riconoscere con una certa facilità; l'ho stampata ed infilata nella guida da campo, ottenendo uno strumento per consultare le dimensioni più veloce rispetto alla frenetica ricerca della pagina dedicata ad ogni singola specie. Sperando possa essere cosa gradita, la condivido qui sotto.





Riconoscere le voci degli uccelli: Pettirosso, Merlo, Cinciallegra, Cinciarella

Dopo un primo post dedicato alle voci di due comuni specie di picchi presenti sul territorio triestino (e complice l'arrivo di una primavera dal sapore quasi estivo), ecco degli esempi di voci di quattro tra i passeriformi più comuni, ospiti non solo dei boschi del nostro territorio ma anche di parchi e giardini. Tutti i video e gli audio condivisi contengono i riferimenti dei loro autori.


Pettirosso (Erithacus rubecula)

Spavaldo e temerario, quest'uccellino piccolo (13-14 cm) e bruno presenta una vistosa macchia rosso-aranciata sul petto e parte della faccia. A seconda di quanto arruffi le penne, il pettirosso può sembrare più o meno slanciato: a volte prende l'aspetto di una specie di palla tondeggiante e canora. Ha un canto melodioso con cui in primavera demarca i limiti del proprio territorio. Oltre all'esempio del video vi linko:


Merlo (Turdus merula)

Quest'uccello è uno dei Turdidi più comuni, diffuso praticamente in ogni ambiente sia dotato di alberi e siepi. Il maschio è uniformemente nero lucido, tranne becco ed anello perioculare giallo aranciato; la femmina, più mimetica, è bruna con la gola più chiara e striata. L'uccello è lungo tra i 20 e i 25 cm, e dato che si tratta di una specie comunissima è utile impararne le dimensioni per raffrontarle con quelle di altre specie ("quel coso sconosciuto che ho visto era sicuramente più piccolo di un merlo...") Si alimenta principalmente sul terreno; se camminando in bosco sentite un rumore tra le foglie ai lati del sentiero, come se qualcuno ci rovistasse dentro, nove volte su dieci si tratta di un Merlo in cerca di cibo. Per quanto invece riguarda le abitudini canore, il maschio di solito canta da un posatoio esposto, specie in primavera quando cantando "marca il territorio": la cima di un albero, un palo della luce. Ecco la sua voce:


Cinciallegra (Parus Major)


Onnipresente, colorata, intelligente e coraggiosa (tanto da arrivare a prendere il cibo dalle mani degli umani), la Cinciallegra è senza dubbio una delle specie di uccelli che si imparano a conoscere per prime e più facilmente. Tra le cince è la più grande (14-15 cm) ed il piumaggio distintivo la rende piuttosto semplice da riconoscere: testa nera con guance bianche, spalle verdastre, ali e coda azzurre e parti inferiori gialle. Nonostante sia pressoché ubiqua ovunque ci sia almeno un paio d'alberi, si tratta di una specie interessante, intelligente e dal ricco repertorio di vocalizzi. 


Cinciarella (Cyanistes caeruleus)

Cugina più piccola (11-12 cm) della Cinciallegra, la Cinciarella è un uccello dall'aspetto decisamente simpatico: oltre che per dimensioni e voce, si distingue dalla parente più grande dal piumaggio. La testa della Cinciarella è bianca tranne che per un "cappello" azzurro sul vertice del capo ed una "mascherina" nera sugli occhi. La colorazione generale vira molto più sull'azzurro. Attiva e vivace, non sta mai ferma e per cercare cibo si appende ai rami anche a testa in giù.
Come altre cince, anche la Cinciarella ha un repertorio piuttosto variegato:


martedì 14 febbraio 2023

Riconoscere le voci degli uccelli: Picchio Verde e Picchio Rosso Maggiore

State girando per il Carso, in una zona in cui il bosco lascia spazio a prati e radure. Potreste perfino essere semplicemente al parco di Miramare. Ad un tratto sentite un verso simile a una pigolante, beffarda risata di note discendenti: "kyyuu-kyuu-kyukyukyu...".  Potrebbe essere il ripetitivo richiamo del Picchio Verde (Picus Virdis), un picchio diffuso praticamente in tutta Italia ed Europa, e stanziale (cioé non migratore, presente tutto l'anno). Questo uccello lungo poco più di una trentina di centimetri rappresenta un pò una eccezione tra i picchi, che di solito cercano il cibo sugli alberi: il nostro verde amico si nutre principalmente sul terreno, di formiche. Il piumaggio è coloratissimo: vertice del capo rosso, parti superiori verdi, groppone giallo. I maschi hanno un mustacchio nero e rosso, mentre nelle femmine è interamente nero. I giovani hanno un piumaggio simile ma interamente macchiato e barrato. Il volo, come spesso accade fra i picchi, è fortemente ondulato, ed alterna momenti di battiti d'ala e planate. Ecco un bel video - rigorosamente non girato da me, tutti i diritti spettano all'autore - in cui un maschio emette il caratteristico richiamo:

Se non conoscete il sito xeno-canto, ve lo presento. Si tratta di un database online nato per condividere e far conoscere i versi degli uccelli - ed anche di altri animali. E' un sito sterminato e fondamentale se si vuole imparare da soli a riconoscere le voci degli uccelli. Il nostro Picchio Verde ha ovviamente la propria pagina: vi linko altri due esempi di richiamo qui e qui.

Un altro verso che vi capiterà di sentire abbastanza spesso nei boschi, grandi parchi e zone alberate è il richiamo del Picchio Rosso Maggiore: un agitato "Cit! Cit! Cik!".  E' la sua voce tipica, che ci consente - assieme al tambureggiamento che opera sui tronchi in primavera - di riconoscerlo anche se non lo vediamo. Linko un altro video non di mia opera in cui potete sentire sia la voce, che il suo tambureggiamento:

Il Picchio Rosso Maggiore (Dendrocopos Major) è lievemente più piccolo del cugino verde, e di solito non supera i 26 cm. Caratterizzato da un piumaggio screziato bianco e nero sul dorso, ventre bianco e macchia rossa sul ventre, si distingue da altri picchi simili per dimensioni e per la presenza di due macchie ovali bianche su sfondo nero sulle "spalle", simili a virgole capovolte. Il maschio ha una macchia rossa sulla nuca, che è interamente nera nelle femmine. E' stanziale in Italia, dove rappresenta la più comune specie di picchio, avvistata anche in giardini e parchi; è visibile nelle zone alberate della città, come il Farneto. Si nutre principalmente di insetti e semi di conifere. Sempre da xeno-canto, eccovi due registrazioni del suo verso e una del tambureggiamento.

lunedì 13 febbraio 2023

Birdwatching: suggerimenti su come iniziare.

Cosa serve per iniziare a praticare birdwatching?

Gabbiano comune

Per praticare il birdwatching ci sono solo due cose davvero fondamentali che contano come attrezzatura:

  • una guida affidabile, cioé un libro che descriva le specie frequentate nella zona di riferimento con immagini e descrizioni di comportamento, habitat e così via. Lo standard al momento è rappresentato dalla "Guida degli uccelli d'Europa, Nord Africa e Vicino Oriente", di Svensson, Mullarney e Zetterstrom (anche conosciuta col nome che l'ha resa celebre nel mondo anglofono, "la Collins"). Potrebbe non essere la scelta più sensata cominciare dalla guida più completa del continente, ma dal mio punto di vista è fatta talmente bene da valerne la pena.
  • un buon binocolo. Gli uccelli selvatici sono, per l'appunto, selvatici: al netto della temerarietà di alcune specie, tendenzialmente vi eviteranno e saranno praticamente sempre troppo lontani per affidare l'identificazione al solo occhio nudo. Purtroppo i prodotti di ottica di precisione tendono a costare (se siete appassionati di fotografia o anche solo se portate gli occhiali lo saprete) e i binocoli migliori hanno costi proibitivi: diffidate dai prodotti che costano poche decine di euro e non spendetene meno di un centinaio per il vostro primo binocolo. Vi risparmierete un pò di fastidi.

Il resto (cannocchiali, treppiedi, macchine fotografiche...) è opzionale, dipende da come si articolerà la vostra passione e non ne avete bisogno per iniziare. Se pensate di praticare durante una camminata nella natura, potrebbe valere la pena evitare i colori particolarmente sgargianti del tipico abbigliamento tecnico da escursione, ed attrezzarvi con gli accorgimenti e le comodità del caso (scarpe adatte, abbigliamento comodo stagionale e così via). 

Ci sono altre tre "cose" di cui da un lato vi consiglio di armarvi, e dall'altro affermo che il birdwatching vi può aiutare a sviluppare. Si tratta di pazienza, attenzione al dettaglio e memoria. Pazienza perché, di certo, le specie più interessanti compariranno non appena avrete lasciato la zona. Attenzione al dettaglio perché il colore della testa, o della zampa, o una diversa intonazione nel canto potrebbero essere determinanti per una corretta identificazione. E la memoria, ovviamente, a rendervi i dettagli che imparerete accessibili: non avrete sempre con voi la guida, o il sito xeno-canto per i richiami.


Dove andare per iniziare a praticare birdwatching (a Trieste)?

Consiglio di cominciare con calma: passeggiate in zone alberate vicino a casa vostra focalizzandosi sulle specie più comuni. 

Focalizzarsi sulle specie più comuni agli inizi serve a crearvi un riferimento. Per esempio, valutare le dimensioni di un animale in natura, e a distanza, non è una capacità scontata. Se conoscete bene delle specie comuni, potrete cominciare a destreggiarvi: "Era più grande di un passero, più piccolo di un piccione, all'incirca come un merlo, ma un piumaggio diverso". Questo non vale solo per le dimensioni: imparando a distinguere un merlo da uno storno, una cinciallegra da una cinciarella, un fringuello maschio da un fringuello femmina getterete le basi della vostra capacità di riconoscimento. Identificare una specie nuova è un pò come un processo diagnostico: si fanno ipotesi e si scartano. Avere dei riferimenti conosciuti da mettere alla prova e scartare è una capacità utilissima.

"Vicino a casa" può essere inteso letteralmente: il Carso è sempre dietro l'angolo dalle nostre parti ovviamente, ma anche in città ci sono diverse zone alberate interessanti, soprattutto se siete dei principianti convinti di non sapere distinguere un merlo da un passero (affermazione che di solito non è vera). Al Giardin Publico Muzio de Tommasini potete osservare merli, passeri, storni, pettirossi, fringuelli, cinciallegre e cinciarelle: specie comuni che potrete spesso osservare da vicino imparando a riconoscerne i tratti distintivi e, perché no, pure i richiami. Nei giardini cittadini o al margine delle aiuole capita di imbattersi in codirossi spazzacamino, ballerine bianche, verdoni, gazze. Al Bosco Farneto - o del Cacciatore, o Boschetto - potrete rimanere "in città" e osservare tutte queste specie ed altre ancora tipiche delle nostre zone boscose: varie specie di picchi, luì, capinere, colombacci, scriccioli, usignoli, rampichini, picchi muratori, ghiandaie e così via. In Val Rosandra (o sul Rilke) aggiungerete alle specie tipiche delle zone boscose ed alberate quelle della landa e delle rupi: passeri solitari, zigoli muciatti, occhiocotti, magari un falco pellegrino ad aumentare il numero dei rapaci oltre alle onnipresenti poiane. Al Parco attorno al Castello di Miramare ritroverete tutte le specie comuni dei boschi nostrani, più un significativo numero di uccelli acquatici e marini nella parte antistante di mare: almeno due tipi di gabbiano (reale e comune), sterne come la sterna comune ed il beccapesci, cormorani e marangoni dal ciuffo (sì, spesso quelli che si vedono ovunque in mare e che ogni tanto condividono con noi d'estate i toc' o toč sono marangoni dal ciuffo, non cormorani) e d'inverno altri uccelli ittiofagi come svassi e strolaghe. Sono più di trenta specie quelle menzionate, visibili quasi senza sforzo se non quello di una minima passeggiata in luoghi conosciutissimi: una complessità interessante che rispecchia un territorio ricco di (bio)diversità. A Trieste gavemo el mar e anca el Carso, usiamo ripetere ossessivamente: oltre che per variare tra nuotatina e scampagnata (o per alternare civa e sardoni) perché non riconoscere, godere di, appassionarsi a questa diversità anche dal punto di vista dell'osservazione della natura?